Dall'economia del cowboy a quella dell'astronauta
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Laura Bajardelli | |
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Un articolo del lontano 1966 oggi più che mai attuale
La corsa allo spazio ha appassionato tutto il mondo prima con il lancio in orbita del satellite Sputnik, poi l’impresa di Jurij Gagarin che per primo ha raggiunto lo spazio nel 1961, le sonde e le missioni lunari del ’68 con gli astronauti che per la prima volta orbitavano intorno alla Luna, arrivando al culmine con Neil Armstrong quando mise il piede sulla luna. Riportando però lo sguardo sul suolo terrestre, quelli erano anche gli anni in cui si parlava sempre meno sottovoce di scarsità delle risorse naturali, di inquinamento e dei danni per la salute delle persone, di cui il famigerato insetticida DDT divenne l’emblema, anche grazie alla biologa Rachel Carson che con il libro Primavera Silenziosa innescò un cambiamento culturale sensibilizzando sul rischio ambientale. E infatti in quegli anni negli USA si iniziarono a gettare le basi delle leggi ambientali.
È in questo contesto che l’economista Kenneth E. Boulding teorizzò la necessità di ripensare i concetti di crescita e sviluppo partendo dal presupposto della finitezza della Terra e delle sue risorse. Terra che non può più essere vissuta come le sterminate praterie del selvaggio West ricche di bestiame, fiumi e persino oro, con la possibilità di spostarsi sempre più a Ovest scoprendo e sfruttando nuovi territori con le loro ricchezze naturali. Conquistata l’ultima frontiera, non resta che prendere atto che la Terra, per quanto grande, è uno spazio chiuso, senza riserve illimitate, dove bisogna far tesoro di ciò che si ha e prestare attenzione alla gestione dei rifiuti. Proprio come una navicella spaziale, che in quegli anni era diventata qualcosa di familiare. Boulding, ammettendo il suo amore per il pittoresco (“For the sake of picturesqueness”), ricorse proprio a queste immagini altamente simboliche per illustrare la necessità per i paesi industrializzati di un cambio del modello economico: dall’economia del cowboy a quella dell’astronauta. Il Cowboy è l’emblema di un’economia aperta, mentre l'Astronauta di un’economia chiusa. Si muove negli spazi ridotti della navicella, paragonabile al pianeta Terra, le materie prime sono scarse e quindi anche gli scarti devono essere valorizzati per trarne nuove risorse ed energia. Un’economia chiusa in grado di auto-rigenerasi. Oggi questo modello di economia chiusa lo chiamiamo economia circolare. E infatti, convenzionalmente, la data di nascita dell’economia circolare è fissata proprio nel 1966, l’anno di pubblicazione dell’articolo di Boulding The economics of the coming spaceship earth (“L’economia dell’astronave Terra del futuro”).
Oggi come allora tante persone faticano ad accettare questo cambio di paradigma economico-culturale, alcuni per motivazioni tecnico-scientifiche altri per egoismo o superficialità altri ancora perché rifiutano di affrontare concetti che evocano tristezza, tragedia e paura e preferiscono rifugiarsi nel benessere dell’oggi, incuranti del futuro. D’altronde, Lorenzo il Magnifico nella Canzone di Bacco esaltava la gioia del momento presente: chi vuole esser lieto, sia: di doman non c’è certezza.
Nel suo articolo Boulding affronta anche questo tema, consapevole che è difficile trovare una risposta convincente a chi dice “cosa hanno fatto i posteri per me?”.
Per rispondere a questa domanda, non sono sufficienti richiami a principi etici e morali né a un’identità che ha le radici nel passato e la chioma nel futuro. Forse può essere più efficace ricordare che ci sono numerose evidenze storiche che suggeriscono che una società che perde la propria identità tagliando il legame con i posteri, evitando di perseguire una visione del futuro, perde anche la sua capacità di affrontare i problemi del presente e presto va in pezzi.
Un esempio? Après nous, le deluge: secondo la tradizione a pronunciarla fu Re Luigi XV di Francia e il destino riservò la ghigliottina al suo successore, Luigi XVI, e alla regina Maria Antonietta.
Studiare la storia è importante per evitare di ripetere gli stessi errori. Lo sappiamo ma non lo impariamo!